Un gelido perfezionismo

villa tugendhat
Spesso le architetture somigliano al territorio sul quale sorgono. Non soltanto di aspetto, ma, più profondamente, nell’anima. Come gli uomini che tendono ad assorbire le tensioni, la sensibilità le idee del luogo nel quale sono nati e vissuti. Percorrendo l’autostrada tra Brno e Praga, sulla via del ritorno, non perdevo d’occhio l’asfalto indeciso e i camion che ci scorrevano accanto; ripassavo mentalmente le immagini appena viste, i retaggi di un passato ancora troppo presente e l’incanto di uno dei monumenti dell’architettura del novecento: Villa Tugendhat.
Brno, 150 km da Praga, è una città profondamente differente dalla capitale della repubblica ceca. Non vive sul rapporto con il fiume, non ha conosciuto l’occidentalizzazione, non ha ancora venduto la sua immagine al turismo di massa. E’ Repubblica Ceca ma sembra ancora Cecoslovacchia. L’orologio della stazione, in stile Unione Sovietica, lo racconta meglio di tante parole.
Villa Tugendhat una delle ville più celebri di Mies Van Der Rohe, te la devi andare a cercare, prenotare una visita via internet e poi affidarsi alla fortuna di trovare qualcuno che ti indichi la via (parlando preferibilmente almeno inglese). Nessun autobus ti ci porta direttamente, solo nelle sue prossimità un cartello te la indica, i visitatori trovandola si sorridono sollevati, con la soddisfazione di chi trova un tesoro dimenticato.
Ràdunati dinanzi all’ingresso, anonimo, posto sul lato posteriore ci guardavamo con questo filo di orgoglio e felicità mentre aspettavamo di entrare. Anche quel sorriso, di chi era con me quel giorno, rimane per me una parte di Villa Tugendhat. Mies ricevette l’incarico nel 1928 da un imprenditore di Brno, Fritz Tugendhat e da sua moglie Grete, grande ammiratrice delle sue opere, stima che gli permise di avere, quindi, una grande libertà anche dal punto di vista economico. La villa sfrutta l’orografia scoscesa del terreno sul quale sorge. Sul livello superiore di ingresso l’architetto posiziona la zona notte con una ampia terrazza che si affaccia sul giardino sottostante. Una rampa di scale protetta da una parete in vetro conduce al piano inferiore. Qui sono evidenti le assonanze con il coevo padiglione tedesco per l’esposizione internazionale di Barcellona. Mies si occupa di chiudere solamente gli spazi di servizio, risolvendo tutto il resto del piano con un grande spazio aperto nel quale lascia “galleggiare” un pannello curvo in ebano (per la sala da pranzo) ed una parete libera in onice. Su un lato corto sistema uno stretto giardino in serra che filtra il passaggio con l’esterno; nella direzione della città una unica ampia vetrata a tutt’altezza di circa 24 metri con pannelli scorrevoli si apre verso il giardino. Un’idea di libertà e di apertura verso l’esterno che qui trova la sua massima espressione (avvicinata solo da casa Farnsworth costruita in Illinois vent’anni dopo), con il grande giardino cinto da alti alberi a garanzia della privacy degli abitanti. Per Villa Tugendhat, Mies, con la collaborazione di Lilly Reich, disegnò anche gli arredi, oggetti divenuti poi celebri ed ancora prodotti come la “sedia Brno” o la “poltrona Tugendhat”.
Ma il vero quesito che solleva Villa Tugendhat è legato alla sua abitabilità. E’ davvero possibile proporre una disposizione dello spazio così amorfo e al tempo stesso così preciso come stile di vita ?. Nella villa non è possibile nessun tentativo di personalizzazione, tutto sembra essere parte di un enorme scultura; la cura maniacale del dettaglio permise a Mies di calibrare dimensionalmente ogni oggetto, sistemandolo in una posizione esatta. Come tutte gli avanguardisti animati da robusti ideali, Mies, in villa Tugendhat, mostrò quanto fosse scattato in avanti, fin troppo; la perfezione dello spazio è talmente sorprendente quanto gelida. Un teatro di posa, persino complicato da fotografare per quanto raffinato nelle sue tre dimensioni. I coniugi Tugendhat asserirono di riuscire a vivere bene in quello spazio ma va ricordato che la villa, dopo essere stata abbandonata durante il secondo conflitto mondiale, divenne appendice di una clinica di riabilitazione pediatrica, testimonianza della sua indubbia versatilità funzionale. Restituita agli eredi Tugendhat, la villa rimase abbandonata fino a quando il comune di Brno decise di aprirla allo sguardo dei visitatori. Piacere che alla fine di quest’anno verrà sospeso per gli indispensabili lavori di restauro. Villa Tugendhat oggi, come Brno, mostra, nel fisico, il segno degli anni e dell’invecchiamento, apparendo nostalgicamente logora, immagine che si scontra con il suo messaggio di stupefacente modernità attraverso il quale Mies, l’intellettuale snob, staccò (e non di poco) i suoi contemporanei colleghi.

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