Il cliente che non si fida

fidarsi-è-beneTra le molteplici varietà di clienti dell’architetto (che nel numero sono molto pochi ma come generi sono sempre troppi), ultimamente si sta facendo largo una nuova categoria particolarmente insidiosa poiché logora lentamente il professionista, costringendolo a ulteriori sforzi creativi prima dell’umiliazione definitiva. Sto parlando del cliente che non si fida.

Il cliente che non si fida (da ora in poi CNSF) appartiene alla specie degli insospettabili che sono i più pericolosi poiché hanno tutte le premesse per essere ottimi clienti e per questo motivo vengono accolti dall’architetto con grandi dosi di fiducia (mal riposta).

Il CNSF sceglie l’architetto con apparente sicurezza, mostrandogli immediatamente grande affiatamento e tessendone le lodi personalmente e/o anche in presenza di altre persone. Inoltre il CNSF dimostra quasi subito di avere alcune vaghe idee circa la progettazione ma di essere a disposizione per seguire i suggerimenti dell’architetto. Questa predisposizione a farsi guidare, dichiarata quasi subito, dovrebbe essere un immediato campanello d’allarme che l’architetto farebbe bene a non sottovalutare. Di solito però l’architetto ignora l’insidia nascosta dietro questa apertura di credito e corroborato da cotanta responsabilità, assume con grande entusiasmo l’incarico e si mette al lavoro.

Le prime crepe nel rapporto tra il CNSF e l’architetto si ravvisano in fase progettuale quando ogni proposta di quest’ultimo viene accolta con entusiasmo molto attenuato, spesso con scetticismo, suscitando ampi dibattiti ed infiniti dubbi.

Dopo qualche tempo, di solito poco, il CNSF svela all’architetto di avere dei “complici” anche detti “spalleggiatori critici” (SC), che lo inducono a maturare dei dubbi. Cioè, lui vorrebbe abbracciare ogni decisione dell’architetto, essere come la signora Schroder per Rietlvedl o il dottor Muller per Loos, ma in realtà le intenzioni dell’architetto sembrano rimbalzare su un muro di gomma (innalzato dal CNSF in collaborazione con gli SC), questo nonostante tutti gli sforzi e le puntellature teoriche e pratiche. Una delle armi più fastidiose del CNSF è sicuramente l’uso del “perchè ?” in ogni conversazione. Qualsiasi sia la scelta e l’argomento il CNSF, ma molto spesso gli SC, rispondono sempre con l’interrogativo “perchè ?”, in dosi eccessive contro le quali l’architetto non è sufficientemente schermato.

Gli SC, senza dubbio più pericolosi, sono i familiari che si manifestano, all’inizio in maniera solamente virtuale, con frasi riportate, opinioni da dopocena in salotto o comunque soluzioni varie e stravaganti sempre contrarie a quelle dell’architetto. Se l’architetto prova a fare resistenza alle convinzioni dei familiari  ecco che questi si palesano, in genere prima in dosi singole, poi in coppia o in gruppo il che complica molto la faccenda poiché i familiari non hanno mai idee identiche ma in genere ognuno di loro ne porta almeno due di pari importanza più un’altra che potrebbe sostenere con opportune modifiche.

Quando in una maniera o in un’altra si raggiunge un accordo molto al ribasso e i lavori iniziano, il CNSF oltre ai ripetuti ed ininterrotti consulti familiari viene investito da tutta un’altra serie di sollecitazioni che gli provengono da altri SC, ovvero: tutti gli artigiani impegnati nei lavori, i vicini di casa, gli ospiti dei vicini di casa e, a volte, i passanti. Il CNSF mostra subito di dare parecchio credito ad ognuna delle singole opinioni, i più tenaci portano a loro volta, a supporto, testimonianze dirette, orali o con foto.

A queste vanno aggiunte le indicazioni indirette che provengono da siti web, programmi televisivi e riviste di arredamento, attraverso le quali il CNSF rinforza il suo genetico scetticismo nei confronti dell’architetto che, in sostanza, ha sempre posseduto e coltivato con attenzione, ma che tende naturalmente ad incrementare. L’architetto, partito con grande entusiasmo, dopo una serie di progetti, schizzi, render, soluzioni di vario genere studiate nella speranza di convincere il CNSF, ad un certo punto comincia a perdere slancio fino a capire che qualsiasi sua proposta verrà accantonata per generale mancanza di fiducia.

Questo processo di allontanamento dell’architetto dai momenti decisionali del cantiere, è graduale ma incontrovertibile. A volte scopre di essere stato escluso anche dalle più banali operazioni, fino a non essere neanche avvertito di variazioni sostanziali. I lavori proseguono dunque indipendentemente dall’esistenza dell’architetto che viene accantonato come un anziano ai giardinetti. Ma quindi a cosa serve l’architetto al CNSF se in buona sostanza questi non gli da mai retta e poi decide sulla base di altre proposte ? Ecco questa è un’ottima domanda.

In alcuni casi non serve assolutamente a niente (sostanzialmente, solo a fare le “carte”).

In altri, l’architetto torna in gioco al momento in cui il CNSF, dopo aver ascoltato decine di SC e vagliato un’infinità di idee completamente diverse tra di loro, gli chiede di fare una sintesi di tutto, un minestrone di antico, moderno, pop, rock, colorato, bianco, a pois, marmo, pietra, legno, vetro ecc.. Un incarico evidentemente impossibile.

Ecco che in questo caso l’architetto ha il banale compito di prendersi la colpa dell’inevitabile pasticcio finale.

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