Quest’anno, sono ben quarant’anni che io e lei trascorriamo insieme l’inverno.
Sono persino un filo emozionato nel verificare che, proprio oggi, celebro il quarantesimo anniversario del nostro incontro. Per la precisione voglio dire in questa sede, in questa occasione così particolare, che, in genere, il nostro incontro classificato come prettamente invernale avviene ancora prima dell’arrivo dell’inverno, (non a caso l’anniversario ricorre oggi 17 Novembre) e solitamente ci separiamo quando la primavera è già alta nel cielo e l’arco del sole è ampio.
Se io e lei stiamo insieme da ben quarant’anni, il motivo, stavo per dire il merito, è quasi tutto ereditario. Anche mio fratello, che io sappia, è stato con lei per molti anni, cioè non con la stessa ovviamente, ma simile. Perlomeno per tutto il tempo che io e lui abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto. Mia madre ce l’ha fatta incontrare, da quando eravamo piccolissimi, e da allora dapprima sempre con il suo aiuto e poi, da adulto, io non riesco a fare a meno di lei.
Le prime avvisaglie del nostro incontro periodico arrivano quando torna l’ora solare, ovvero le giornate tendono ad accorciarsi decisamente e alle quattro, quattro e mezzo del pomeriggio comincia a scurire. Ma non è solo una questione di luce la nostra, il nostro è soprattutto un rapporto legato alla temperatura, senza di lei, ne sono convinto, il freddo della stagione invernale sarebbe più difficile da affrontare (inoltre io odio il freddo). E quando parlo di freddo non mi riferisco solo a quello climatico.
Voglio ricordare anche il freddo del cuore, il freddo che comprare talvolta nelle parole, nei pensieri, qualche volta nei nostri progetti.
Ma non è tutto. Tra di noi è certamente anche una questione psicologica, quando io e lei stiamo insieme io mi sento più sicuro, non temo malanni e ho la sensazione di essere davvero protetto. Per me è come una corazza. Inoltre lei è discreta, ha tollerato le mie amicizie e tutte le mie storie d’amore. E’ stata là al suo posto, senza interferire, nascosta giustamente, a volte facendosi sentire a volte scomparendo, in fondo a profondi strati, magari spuntando appena solo per segnalare la sua presenza. Avrebbe, forse, potuto intervenire quando ho fatto degli errori, quando ancora li faccio, ma non è il suo compito, il suo ruolo è un altro.
Io lo so, lei lo sa che è così.
Ci sono stati momenti in cui ho provato ad eliminarla, che mi sono sentito forte abbastanza per farne a meno. “Ancora con lei ?” mi dicevano maliziosi dei finti amici, ed io ho trascorso stagioni imbarazzato a giustificarla, finché ho capito che non c’è nulla di che vergognarsi. Non sono mancate le incomprensioni, sono cose normali, ma mi ricordo bene quando a Londra sul Millenium Bridge fu lei a salvarmi, non riuscirò mai veramente a sdebitarmi.
In altri frangenti ho dovuto, per forza di cose, fare a meno di lei, è capitato quando ho avuto bisogno di maggiore libertà di movimento, anche perché lei con il tempo tendeva a diventare più stringente e, solo in alcuni casi, persino fastidiosa. Ma io ho sempre compreso il perché: era semplicemente il segno del tempo che passava, inesorabile, su entrambi.
Anzi proprio il suo tornare mi è servito e mi serve per segnare le stagioni che passano, per dare consistenza al tempo, spessore a questo spazio sottile. Anche per questo, ogni anno, voglio che lei torni.
Non so se sono fatto bene o male, se sono o non sono una buona persona, ma se sono come sono, parte del merito (o demerito) è certamente anche suo.
Ora che siamo cresciuti insieme, io non so se potrò mai fare a meno di lei. Se ci penso oggi, credo che non potrà mai accadere: da oggi stiamo nuovamente orgogliosamente insieme. Almeno fino a Marzo.
Io e la mia maglia di lana.
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